lunedì 22 marzo 2010




SBALLAMENTI CARCERARI

Sono le sei del mattino, giorno di fine giugno 06, ho appena concluso il mio ritiro spirituale e mi appresto ad affrontare un’altra giornata, afosa, umida, calda nella graticola di questo carcere vecchio e malandato come il D. Bosco di Pisa. Sento rumore di scarponi, grida, urla, qualcuno piange e si dispera, tutti al piano di sopra, è in atto una sballamento o meglio dire sfollamento. I fortunati sono gli extra comunitari, per loro ogni regione va bene, tanto i più vivono nei paesi di origine. Il dramma è per gli italiani, naturalmente i responsabili fanno in modo di mandare i detenuti ancora distanti, lontano dai luoghi di residenza. Ho già provato sulla mia pelle in anni passati, ancora nel tepore della notte, con i sacchi grandi della spazzatura mettere dentro gli indumenti personali, poi in magazzino e via di questo passo, senza sapere la destinazione, rigorosamente ignota. Crudeltà inutile, ore di furgone sotto il sole, poi ingresso in altro carcere, anche questo sovra affollato, perquisizione corporali, si, sembra uno scherzo, ma anche se uno viene da un altro carcere, si deve spogliare nudo come l’ha fatto la mamma e fare le flessioni, per vedere se ha qualche oggetto o droga, da pazzi, direte voi, ma vero, questo è il dramma. Vi posso assicurare che gli sfollamenti sono un trauma da infarto, ma evidentemente un sadico piacere per i responsabili di tale sistema. Tutto questo è sconosciuto al popolo, per loro noi siamo sempre brutti neri e cattivi. Stavolta negli sfollamenti non ci rientro, mi manca un anno e vado in permesso dopo 19 anni di carcere, finisco di farmi il caffè.
Una volta in una parete di una cella di isolamento ho letto: “la vita di un uomo dipende da un altro uomo, cosi anche la sua rovina”. Vero verissimo, il mio pensiero va a quei detenuti che stanno partendo per ignoti confini. Umiliati, sconfitti, delusi, amareggiati, come pacchi postali che hanno smarrito la destinazione.
W l’ Italia
Giuseppe Musumeci
Ex detenuto carcere di Pisa – 30/06/06

Questa è un'altra lettera dell'amico Pippo, spero non si offenda se pubblico i suoi scritti, ma voglio cercar di far capire che cosa è la galera. La galera non è stare chiusi, certo all'aperto si sta meglio, ma il fatto di star chiusi è davvero il minimo. Ciò che abbruttisce, che distrugge è il metodo con cui annullano la persona, la sua identità. Li dentro sei solo un numero, un nome su un file o un foglio di carta. Dispongono di te a loro piacimento, come in questo caso: cosa gli costerebbe farti sapere qualche giorno prima, perchè loro lo sanno che devi essere trasferito non raccontiamoci cazzate,la tua destinazione cosicchè tu possa comunicarla ai tuoi cari? No invece, sarebbe trattarti da persona civile, cosa che per loro non sei ma però devi comportarti da tale sennò sono legnate, altri sballamenti e mesi aggiunti.
Sarebbe rieducazione questa? Sarebbe programma di reinserimento sociale questo? Quando uno esce dopo anni di "trattamento" (il trattamento Ludovico di Arancia Meccanica non è così paradossale in fondo)che ne rimane? L'ombra della persona che fu, diffidente verso tutto e tutti, perchè se uno non può fidarsi delle istituzioni, come è possibile che le rispetti? Rispettereste voi una persona che per anni vi ha pugnalato alle spalle? Io credo proprio di no!!!

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